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Scienza

L’ittero neonatale richiede uno specialista gastroenterologo pediatrico!

brothers-457237_640Cosa cambia tra gastroenterologo e gastroenterologo pediatrico vi chiederete? Ebbene mentre il primo medico si occupa di gastroenterologia generica il secondo è più focalizzato sulla gastroenterologia in età pediatrica. per pediatria in medicina non si indica solamente l’età infantile ma si intende una fascia evolutiva che inizia alla nascita e si conclude ai 18 anni con il subentro dell’età adulta.

Il gastroenterologo è deputato alla cura delle malattie degli organi che si occupano di digestione, come per esempio lo stomaco, l’intestino, l’esofago, ma anche gli organi addominali come il fegato e il pancreas. Avere a disposizione un medico chirurgo, specialista nell’insorgenza di malattie in età pediatrica è sicuramente un vantaggio in più quando parliamo di malattie precoci come l’ittero neonatale o l’appendice acuta giovanile. 

L’ittero è una disfunzione del fegato. L’ittero è causato da una presenza sovrabbondante di bilirubina presente per un’ostruzione meccanica, o perché le cellule del fegato non sono riuscite a metabolizzarla sufficientemente o perché il neonato ne produce in estrema quantità.

L’ittero è facilmente evidenziabile da un’aumento della colorazione giallastra nel bambino, visibile soprattutto sulla pelle, negli occhi e nelle mucose. Se sei alla ricerca di un gastroenterologo pediatrico nella città di Roma segui questo link e rivolgiti a Bios SpA un centro all’avanguardia polispecialistico nella cura e nella diagnosi delle patologie infantili. Il sito è dedicato esclusivamente ai bambini e alle cure pediatriche.

Consulta la loro rubrica e chiama il numero CUP per fissare un appuntamento.

Andrologo Roma: come comportarsi di fronte ai sintomi più comuni..

Stai cercando un buon andrologo a Roma? Giovanni Alei un noto chirurgo specializzato in Andrologia ospita i suoi pazienti  presso il Centro Specialistico Minerva  un centro all’avanguardia per i problemi riguardanti l’andrologia e l’urologia a Roma (vai direttamente al sito).

Uno dei problemi più comuni di cui si occupa un andrologo è collegato alla prostata. Un andrologo esamina, diagnostica e cura tutte le patologie collegate alla prostata e all’apparato riproduttore maschile. 

Un’infiammazione alla prostata può significare una leggera prostatite, una ipertrofia della prostata o in alcuni casi un tumore alla prostata

Andrologo Roma: quali sono i sintomi più comuni?

I sintomi comuni a tutte le patologie prostatiche  sono problemi ad urinare , i bruciori e i dolori fulminei durante la minzione sono dovuti all’ostruzione delle vie urinarie.

Diminuzione del getto urinario, con un inizio ritardato della minzione, residuo goccia a goccia, nicturia.

Presenza di sangue nelle urine e nello sperma. Persistenza di un dolore che irradia la schiena. Perdita di peso significativa.

Come dovrebbe comportarsi un buon andrologo a Roma di fronte a sintomi molto comuni negli individui maschile dopo i 45 anni di età?  Per la prevenzione del carcinoma prostatico è buona norma sottoporsi regolarmente ad esplorazione rettale.

Meno importante è l’esame per la verifica dei valori PSA (Prostatic Specific Antigen – antigene prostatico specifico) che molti medici prescrivono agli uomini oltre i 50 anni.

A giudizio del medico può essere eseguita un’ecografia prostatica transrettale.

Quali sono dei piccoli accorgimenti da seguire  in caso di cancro prostatico?

Lo stile di vita è molto importante: una dieta ricca di antiossidanti e vitamine, non troppo calorica e piena di grassi, aiuta molto. Il tumore alla prostata è la terza causa morte per gli uomini.

Il tumore alla prostata è una lenta evoluzione, per questo se la diagnosi è sufficientemente tempestiva è facile guarire, le possibilità si aggirano intorno al 90%.  Con questo obiettivo Andrologo Roma prescrive a tutti i suoi pazienti le analisi più accurate.

Le cure disponibili sono diverse: dalle cure ormonali alle cure radioterapiche, fino ad arrivare agli ultimi interventi sempre meno invasivi.

I Mediterraneo si sta scaldando: allarme dei ricercatori italiani

Il nostro mare, il Mar Mediterraneo, è in continuo surriscaldamento, stando ai dati forniti da ricercatori italiani dell’Ismar (istituto di scienze marine del cnr di La Spezia), una tendenza in atto già da tempo, insieme all’aumento della sua salinità, anche dovuta al fatto che stiamo parlando di un mare sostanzialmente chiuso, che ”scambia” relativamente poca acqua con gli altri mari e oceani.

La tendenza al surriscaldamento era già nota da tempo agli studiosi, fin dagli anni ’50, ma essa ha subito una notevole accelerazione a partire dal 2005 ed essendo il cambiamento molto veloce per i lenti tempi della natura, può essere pericoloso per il delicato ecosistema che si è venuto a creare nel corso di migliaia di anni nel nostro bacino.

Essendo inoltre in comunicazione con i grandi oceani, pur per il solo stretto di Gibilterra, profondo appena 300 metri, comunque una variazione di temperatura e salinità del Mediterraneo potrebbe avere effetti sull’atlantico, in particolare potrebbe interagire con la corrente del Golfo, la corrente marina di acqua calda che attraversa tutto l’atlantico dal golfo del Messico fino alle coste dell’Europa del nord, mitigandone il clima.

Le variazioni registrate dai nostri ricercatori possono sembrare cose da poco, basti pensare che l’aumento della salinità è nell’ordine dello 0.024% e quello della temperatura di soli 0.042 gradi centigradi, ma, come sottolineato dai ricercatori nel loro rapporto, stiamo parlando di valori ben al di sopra dei valori normali di accrescimento, che dovrebbero essere almeno cinque o sei volte più piccoli di quelli che sono stati recentemente riscontrati.

Dalla Svizzera è partito un aereo a energia solare. Si prevedono 24 ore di volo ininterrotto

Dopo le auto elettriche sono iniziati in Svizzera i test su uno dei primi prototipi di aerei a energia solare. Dopo un primo decollo annullato negli scorsi giorni per un problema a un componente elettrico, è decollato senza alcun problema stamani all’incirca alle sette alla velocità di 35 chilometri l’ora dalla base militare di Payerne, con ai comandi il pilota, oltre che cofondatore del progetto insieme a Bertrand Piccard, André Borschberg.

Il prototipo necessita solamente di 90 metri per decollare e come unica fonte di energia ha a disposizione i pannelli solari situati sopra le ali, ricoperte da circa 12mila celle fotovoltaiche, che a loro volta alimentano quattro motori elettrici per una potenza complessiva di 40 cavalli. Nel velivolo sono anche presenti batterie di litio e polimeri del peso di circa 400 kg che dovrebbero permettere il volo anche durante la notte.

L’esperimento infatti dovrebbe precedere per circa 25-27 ore di volo continuato senza il pilota automatico, ma i tecnici a terra comunicheranno al pilota al tramonto se potrà continuare l’esperimento o se sarà costretto a ritornare a terra perchè le batterie no sono ancora abbastanza cariche per supportare una notte in quota. Mentre sorvolava il Jura, a 3300 metri di altitudine tutto andava per il meglio, ma il velivolo dovrà salire ancora fino a 8500 metri durante il test.

Il mezzo è il frutto di una ricerca ormai in atto da sette anni ed è stato denominato Solar Impulse, ha un’apertura alare paria quella di un Airbus A340 (cioè oltre 63 metri) e pesa circa 1600 kg.

Legambiente studia quello che mangiamo. E c’è qualche ombra

Un recente studio di Legambiente ha evidenziato come nonostante gli sforzi ad ogni livello, dalle istituzioni agli stessi consumatori, è aumentata la percentuale di campioni di frutta e verdura che hanno presentato tracce di pesticidi o altri composti chimici artificiali, che non dovrebbero essere presenti sui nostri alimenti e che noi non dovremmo ingerire.

Fortunatamente pochi campioni sono risultati tossici, l’1,4%, comunque in aumento rispetto allo 0,8% dell’anno scorso. Tutti gli altri dati rilevati erano nei limiti imposti dalle leggi, ma di sicuro in un paese che vuole fare della qualità il suo vanto questo non è un buon segnale.

In particolare è abbastanza allarmante un dato: i campioni che presentavano residui multipli, cioè quelli su cui sono state trovate tracce di più di un agente chimico, sono passati dal 3,5% dello scorso rilevamento all’attuale 6,5%, cioè sono quasi raddoppiati.

Tra i campioni con più contaminati è necessario citare un campione di uva bianca proveniente dalla Sicilia, che è risultato positivo ai test per ben nove sostanze, seguito a ruota in questa speciale e poco invidiabile classifica da un vino friulano (a testimoniare come questo non sia un problema solo del Sud) con sei residui e da una pera campana con cinque. Ben cinque campioni di pane sono stati trovati con livelli di prodotti chimici oltre i limiti di legge nel solo Piemonte (qui potrebbe esserci anche un problema di forniture), mentre invece sempre in Friuli sono stati addirittura trovati campioni di insalata con tracce di DDT.

In un paese che deve fare della qualità il suo cavallo di battaglia, questo non è di sicuro un buon segnale, anche a livello mondiale, dove siamo famosi per il buon cibo.

Il senato Usa sceglie la linea verde: respinta una legge repubblicana pro effetto serra

Il senato Usa ha bocciato una legge che sostanzialmente avrebbe sottratto all’Epa, l’agenzia statunitense per il controllo dell’ambiente, il potere di regolare l’emissione di gas serra prodotti soprattutto da auto e centrali elettriche. Il provvedimento era stato presentato da una senatrice repubblicana dell’Alaska, molto probabilmente per bloccare l’imminente stretta voluta dall’agenzia sull’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera e contrastata da molte lobby del paese.

Il presidente Barack Obama aveva già comunque annunciato che se il provvedimento sarebbe passato, si sarebbe avvalso del diritto di veto per bloccare le legge, che comunque è stata respinta dal senato con 53 voti contrari e 47 a favore. I repubblicani hanno votato compattamente a favore, mentre invece alcuni democratici si sono schierati con gli avversari in questa battaglia, nonostante la linea del partito.

I repubblicani in particolare affermano come una riduzione delle emissioni come quella decisa dall’Epa avrebbe ricadute pesantissime sull’economia americana soprattutto in perdita di posti di lavoro, cosa inaccettabile in un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo. Allo stesso tempo i democratici negano questa possibilità e si godono la loro vittoria al senato, che come detto dal presidente Obama, permetterà di preservare il mondo più pulito per i nostri figli.

Nonostante l’esito positivo della votazione i senatori democratici tendono comunque la mano ai repubblicani, chiedendo loro di aiutarli sulla strada della svolta verde dell’economia Usa promessa in campagna elettorale dall’attuale presidente. Infatti l’unica strada percorribile per una svolta ecologica mondiale che permetta di migliorare nettamente la qualità della vita di tutti è la concordia e il dialogo sempre e comunque tra le parti politiche che hanno il potere di cambiare le cose.

Il Giappone pesca le balene? L’Australia lo denuncia

Si abbattono nuove polemiche sul Giappone. Come se non bastassero le recenti dimissioni del primo ministro, ora si sta sfiorando un incidente diplomatico tra il paese del sol levante e l’Australia: il motivo è sempre il solito, cioè la caccia per fini scientifici delle balene.

Come noto il Giappone è uno dei pochi paesi che pratica questo tipo di ricerca scientifica, ed è un dato di fatto che in alcuni ristoranti del paese si serva illegalemente (almeno sulla carta) carne di balena, e, dal momento che la caccia per fini alimentari è vietata ormai dal lontano 1986, i cetacei tanto amati dai palati fini nipponici non possono che venire da pesca “scientifica”.

Proprio per questo il governo australiano ha messo in atto le minacce delle scorse settimane, denunciando alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia il Giappone per la violazione del patto del 1986. Il fatto è stato reso pubblico dall’agenzia giapponese per la pesca e le prime reazioni alla notizia da parte dei diretti interessato sono state diplomatiche ma decise. Il portavoce del governo giapponese Hirofumi Hirano ha dichiarato che la denuncia è estremamente riprovevole, mentre la corte prende tempo dichiarando l’intento di far chiarezza,

Il paese del sol levante pesca ogni anno con le sue baeniere diverse centinaia di balene ed ogni cattura è sempre seguita dall’indignazione di buona parte del mondo e dalle proteste degli attivisti ambientali, che spesso tentano con piccole imbarcazioni di ostacolare la cattura dei cetacei, ma invano. Per la legge il Giappone è in regola, la sua pesca è autorizzata, ma è abbastanza improbabile che i ricercatori del paese necessitino di qualche centinaio di balene all’anno

I profughi del clima hanno superato quelli delle guerre secondo Legambiente

I cambiamenti cimatici iniziano anche ad avere effetti sulla vita di intere popolazioni. Secondo il dossier ”Profughi ambientali” di Legambiente sono oggi 50 milioni (e si calcola saranno il quadruplo tra quarant’anni) le persone costrette a lasciare la casa natale per fenomeni quali lo scioglimento dei ghiacci, la siccità, gli eventi climatici estremi quali alluvioni e uragani e l’innalzamento del livello del mare.

Secondo gli studi dell’associazione ambientalista presentati recentemente a Firenze nel corso della manifestazione ”Terra futura 2010” le tipologie di cause più frequenti che spingono gli uomini a lasciare, sia temporaneamente che definitivamente, le loro abitazioni sono legate a eventi meteo estremi: fino qualche anno addietro era invece la guerra a causare la maggioranza delle ”migrazioni”. Nel 2008 infatti a fronte di 4,6 milioni di persone costrette a spostarsi a causa dei conflitti in corso, ben 20 milioni lo hanno fatto per fenomeni ambientali.

Per alcuni di questi profughi il mondo, sia attraverso gli stati che attraverso i privati, si mobilita in maratone di solidarietà, come nel caso dell’uragano Katrina o dello tsunami nel Sud-Est asiatico, ma per tutti coloro che vivono in territori soggetti a cambiamenti lenti e graduali, anche se non meno distruttivi, nessuno muove un dito, forse anche perchè non informato della situazione.

Nel nordafrica per l’avanzare del deserto vengono persi migliaia di metri quadrati di terra coltivabile all’anno, con notevoli danni per l’economia locale, in Lousiana il mare avanza minacciando le case e l’erosione ”mangia” le coste turche. Sono queste persone le più in pericolo: quasi nessuno conosce la loro situazione e quindi non è in grado di fornire loro aiuti concreti.

La ripopolazione del rinoceronte nero

Durante la seconda metà del secolo scorso, soprattutto gli ultimi decenni, il rinoceronte nero del Serengeti (in Africa Orientale) sembrava ormai destinato inequivocabilmente all’estinzione, a causa di un diffuso, incessante e sconfinato fenomeno di bracconaggio. Basti pensare, addirittura, che fino all’ultimo decennio del secolo scorso – a causa della sistematica eliminazione di esemplari nella quasi totalità della regione – allo stato brado permanevano soltanto due femmine. La motivazione di questa incredibile opera di bracconaggio è da ricercare nelle pregiate corna, assai ambite: prevedendo questo fenomeno, nel lontano 1964, un gruppo di ambientalisti tentò di impedire che si compisse l’estinzione, trasferendo sette rinoceronti neri in Sud Africa, in una riserva naturale. Dopo ben quarantasei anni, oggi, è in corso un’operazione di delocalizzazione assai delicata: i discendenti di quei sette rinoceronti, difatti, dovrebbero ritornare nel Serengeti, il loro luogo d’origine. Il Telegraph, in un suo reportage attuale, ha ricostruito la sorte di cinque rinoceronti: questi ultimi, che fino ad ora si trovavano in una riserva protetta, sono stati trasportati su aeromobili nel Serengeti National Reserve in Tanzania. Il percorso di reintegrazione nella loro terra d’origine, secondo quanto previsto, inizierà con un monitoraggio stretto – per la durata di un anno – degli esemplari: questi ultimi, verranno insediati in una parte speciale della riserva. Nel Serengeti, ad oggi, sono presenti soltanto trentatré rinoceronti neri: tra due anni, secondo i piani, la delocalizzazione sarà completata e, di conseguenza, la popolazione raddoppierà. Ciò, comunque, non è garanzia di sopravvivenza certa per questa specie: l’anno passato, infatti, in Kenya sono stati abbattuti ben sei esemplari di rinoceronte nero. Per lottare contro questa piaga del bracconaggio, venti ranger hanno il compito di controllare il territorio della riserva.

Francia, continua la sperimentazione di viti OGM

La Francia continuerà la sperimentazione di viti OGM nella regione dell’Alsazia. La decisione è stata annunciata via radio dal ministro dell’agricoltura Bruno La Maire e pianificata in accordo con il ministro dell’ecologia Jean-Louis Boroloo perché avvenga in condizioni di assoluta sicurezza.

In realtà non si tratta di un nuovo progetto, ma piuttosto del prolungamento degli esperimenti già condotti dal 2005 al 2009 nella stessa area dall’istituto nazionale di ricerca agronomica su 70 viti modificate per resistere a un virus, il ”court-noue”, che affligge circa un terzo delle vigne transalpine. I risultati della ricerca si avranno nell’arco di quattro-cinque anni e il governo francese è deciso a puntare molto sulla tecnologia in ambito agricolo perché <<Il futuro dell’agricoltura si basa anche sulla sua capacità di innovazione e di ricerca […] Non occorre avere una visione conservatrice dell’agricoltura>>, come ha affermato La Marie.
L’opinione pubblica francese è molto sensibile al tema degli organismi geneticamente modificati ed è forte l’opposizione non solo degli agricoltori della zona, ma anche di buona parte della società civile e del mondo economico che ruota intorno all’export del vino, un fiore all’occhiello del paese.

Le precauzioni ritenute sufficienti dal comitato che ha autorizzato il prosieguo degli esperimenti sono le stesse adottate nel 2005: una recinzione che non permetta agli animali selvatici di portare fuori dall’area dell’esperimento terreno e piante e un sistema per isolare la terra dell’area della sperimentazione dal sottosuolo circostante.

Gli ambientalisti guardano con sospetto al progetto e i ricercatori cantano vittoria per l’autorizzazione ottenuta, ma i dubbi, non solo etici, sugli OGM sono tanti ed è facile comprendere come le scelte del legislatore siano difficili e come sia impossibile accontentare tutti. Non resta che sperare che le misure di sicurezza siano efficaci.

Il pianeta si scalda, le lucertole si estinguono

Il surriscaldamento globale sta iniziando ad avere i primi effetti sulle forme di vita che popolano il nostro pianeta: dopo i blocchi di ghiaccio estesi come regioni che si sono staccanti dal Polo Sud nell’ultimo biennio, ora anche alcune specie animali sono a rischio non per la deforestazione, non per i pesticidi, ma per l’innalzamento della temperatura.

Secondo uno studio dell’Università della California nei prossimi settant’anni una specie su cinque di lucertola sarà estinta. Il dato a prima vista non sembra allarmante, ma noi uomini spesso sottovalutiamo l’importanza delle piccole forme di vita all’interno di un ecosistema. Le lucertole notoriamente prediligono i climi caldi, ma, come dimostrato da studi compiuti in Messico, la temperatura eccessiva le porterà a trascorrere meno tempo al sole, quindi a rintanarsi maggiormente in luoghi freddi, diminuendo il numero di accoppiamenti e portando alcune specie all’estinzione secondo i calcoli del professor Barry Sinervo.

Il dato è ancora più allarmante se si considera che i rettili sono le specie animali che popolano la Terra da maggior tempo e quindi hanno sopportato notevoli cambiamenti senza risentirne in modo significativo.

Il pericolo di estinzione potrebbe inoltre espandersi ad altre specie, dal momento che la perdita delle lucertole può causare un collasso della catena alimentare a livelli superiori>>, con danni incalcolabili ai molti ecosistemi di cui fanno parte. Gli studiosi hanno anche prospettato una soluzione scongiurare questa catastrofe ecologica: una diminuzione del 6% delle emissioni di gas serra salverebbe questi piccoli rettili.

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