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Clima

Il senato Usa sceglie la linea verde: respinta una legge repubblicana pro effetto serra

Il senato Usa ha bocciato una legge che sostanzialmente avrebbe sottratto all’Epa, l’agenzia statunitense per il controllo dell’ambiente, il potere di regolare l’emissione di gas serra prodotti soprattutto da auto e centrali elettriche. Il provvedimento era stato presentato da una senatrice repubblicana dell’Alaska, molto probabilmente per bloccare l’imminente stretta voluta dall’agenzia sull’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera e contrastata da molte lobby del paese.

Il presidente Barack Obama aveva già comunque annunciato che se il provvedimento sarebbe passato, si sarebbe avvalso del diritto di veto per bloccare le legge, che comunque è stata respinta dal senato con 53 voti contrari e 47 a favore. I repubblicani hanno votato compattamente a favore, mentre invece alcuni democratici si sono schierati con gli avversari in questa battaglia, nonostante la linea del partito.

I repubblicani in particolare affermano come una riduzione delle emissioni come quella decisa dall’Epa avrebbe ricadute pesantissime sull’economia americana soprattutto in perdita di posti di lavoro, cosa inaccettabile in un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo. Allo stesso tempo i democratici negano questa possibilità e si godono la loro vittoria al senato, che come detto dal presidente Obama, permetterà di preservare il mondo più pulito per i nostri figli.

Nonostante l’esito positivo della votazione i senatori democratici tendono comunque la mano ai repubblicani, chiedendo loro di aiutarli sulla strada della svolta verde dell’economia Usa promessa in campagna elettorale dall’attuale presidente. Infatti l’unica strada percorribile per una svolta ecologica mondiale che permetta di migliorare nettamente la qualità della vita di tutti è la concordia e il dialogo sempre e comunque tra le parti politiche che hanno il potere di cambiare le cose.

I profughi del clima hanno superato quelli delle guerre secondo Legambiente

I cambiamenti cimatici iniziano anche ad avere effetti sulla vita di intere popolazioni. Secondo il dossier ”Profughi ambientali” di Legambiente sono oggi 50 milioni (e si calcola saranno il quadruplo tra quarant’anni) le persone costrette a lasciare la casa natale per fenomeni quali lo scioglimento dei ghiacci, la siccità, gli eventi climatici estremi quali alluvioni e uragani e l’innalzamento del livello del mare.

Secondo gli studi dell’associazione ambientalista presentati recentemente a Firenze nel corso della manifestazione ”Terra futura 2010” le tipologie di cause più frequenti che spingono gli uomini a lasciare, sia temporaneamente che definitivamente, le loro abitazioni sono legate a eventi meteo estremi: fino qualche anno addietro era invece la guerra a causare la maggioranza delle ”migrazioni”. Nel 2008 infatti a fronte di 4,6 milioni di persone costrette a spostarsi a causa dei conflitti in corso, ben 20 milioni lo hanno fatto per fenomeni ambientali.

Per alcuni di questi profughi il mondo, sia attraverso gli stati che attraverso i privati, si mobilita in maratone di solidarietà, come nel caso dell’uragano Katrina o dello tsunami nel Sud-Est asiatico, ma per tutti coloro che vivono in territori soggetti a cambiamenti lenti e graduali, anche se non meno distruttivi, nessuno muove un dito, forse anche perchè non informato della situazione.

Nel nordafrica per l’avanzare del deserto vengono persi migliaia di metri quadrati di terra coltivabile all’anno, con notevoli danni per l’economia locale, in Lousiana il mare avanza minacciando le case e l’erosione ”mangia” le coste turche. Sono queste persone le più in pericolo: quasi nessuno conosce la loro situazione e quindi non è in grado di fornire loro aiuti concreti.

La ripopolazione del rinoceronte nero

Durante la seconda metà del secolo scorso, soprattutto gli ultimi decenni, il rinoceronte nero del Serengeti (in Africa Orientale) sembrava ormai destinato inequivocabilmente all’estinzione, a causa di un diffuso, incessante e sconfinato fenomeno di bracconaggio. Basti pensare, addirittura, che fino all’ultimo decennio del secolo scorso – a causa della sistematica eliminazione di esemplari nella quasi totalità della regione – allo stato brado permanevano soltanto due femmine. La motivazione di questa incredibile opera di bracconaggio è da ricercare nelle pregiate corna, assai ambite: prevedendo questo fenomeno, nel lontano 1964, un gruppo di ambientalisti tentò di impedire che si compisse l’estinzione, trasferendo sette rinoceronti neri in Sud Africa, in una riserva naturale. Dopo ben quarantasei anni, oggi, è in corso un’operazione di delocalizzazione assai delicata: i discendenti di quei sette rinoceronti, difatti, dovrebbero ritornare nel Serengeti, il loro luogo d’origine. Il Telegraph, in un suo reportage attuale, ha ricostruito la sorte di cinque rinoceronti: questi ultimi, che fino ad ora si trovavano in una riserva protetta, sono stati trasportati su aeromobili nel Serengeti National Reserve in Tanzania. Il percorso di reintegrazione nella loro terra d’origine, secondo quanto previsto, inizierà con un monitoraggio stretto – per la durata di un anno – degli esemplari: questi ultimi, verranno insediati in una parte speciale della riserva. Nel Serengeti, ad oggi, sono presenti soltanto trentatré rinoceronti neri: tra due anni, secondo i piani, la delocalizzazione sarà completata e, di conseguenza, la popolazione raddoppierà. Ciò, comunque, non è garanzia di sopravvivenza certa per questa specie: l’anno passato, infatti, in Kenya sono stati abbattuti ben sei esemplari di rinoceronte nero. Per lottare contro questa piaga del bracconaggio, venti ranger hanno il compito di controllare il territorio della riserva.

Il pianeta si scalda, le lucertole si estinguono

Il surriscaldamento globale sta iniziando ad avere i primi effetti sulle forme di vita che popolano il nostro pianeta: dopo i blocchi di ghiaccio estesi come regioni che si sono staccanti dal Polo Sud nell’ultimo biennio, ora anche alcune specie animali sono a rischio non per la deforestazione, non per i pesticidi, ma per l’innalzamento della temperatura.

Secondo uno studio dell’Università della California nei prossimi settant’anni una specie su cinque di lucertola sarà estinta. Il dato a prima vista non sembra allarmante, ma noi uomini spesso sottovalutiamo l’importanza delle piccole forme di vita all’interno di un ecosistema. Le lucertole notoriamente prediligono i climi caldi, ma, come dimostrato da studi compiuti in Messico, la temperatura eccessiva le porterà a trascorrere meno tempo al sole, quindi a rintanarsi maggiormente in luoghi freddi, diminuendo il numero di accoppiamenti e portando alcune specie all’estinzione secondo i calcoli del professor Barry Sinervo.

Il dato è ancora più allarmante se si considera che i rettili sono le specie animali che popolano la Terra da maggior tempo e quindi hanno sopportato notevoli cambiamenti senza risentirne in modo significativo.

Il pericolo di estinzione potrebbe inoltre espandersi ad altre specie, dal momento che la perdita delle lucertole può causare un collasso della catena alimentare a livelli superiori>>, con danni incalcolabili ai molti ecosistemi di cui fanno parte. Gli studiosi hanno anche prospettato una soluzione scongiurare questa catastrofe ecologica: una diminuzione del 6% delle emissioni di gas serra salverebbe questi piccoli rettili.

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