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Ecologia

Autospurgo H24 da Velletri in tutta la città di Roma

Se vivi a Roma  o nella sua vasta provincia probabilmente ti sarai servito dei servizi di spurgo per privati. Un’autobotte, il mezzo principale di una ditta di spurgo, è il mezzo ideale per far fronte a diverse esigenze tra cui:

  • otturazione di fognature
  • allagamento cantine e vani interrati
  • scavi per fognature
  • pulizia pozzetti neri e fosse biologiche
  • pulizia tombini e grate di cortili
  • ispezioni alle condotte tramite videoispezione (senza rompere le murature)

allaagamentiSe non hai trovato la tua azienda di fiducia oppure essendo agosto non riesci a trovare nessuna ditta di spurgo disponibile contatta questo autospurgo su Roma , segui il link oppure telefona direttamente al loro numero di telefono 337 775441.

Si tratta di una ditta di spurgo attrezzata nel pronto intervento con sede a Velletri ma operativa in tutto il centro di Roma.  Potete richiedere ai professionisti un preventivo se l’intervento è programmabile (come nel caso dello svuotamento di fosse biologiche) mentre vi conviene chiamare il numero diretto se l’intervento è urgente (come il prosciugamento dei vani allagati dopo un temporale).

Recentemente dopo i violenti temporali estivi ed invernali a Roma si sono creati forti disagi soprattutto per gli esercenti che hanno su strada l’attività commerciale. L’acqua spesso entra creando danni a materiale elettrico e all’arredamento, spesso ripulire nel minore tempo possibile dal fango e dall’acqua significa tantissimo in termini economici.

Autospurgo Roma ha prezzi economici e più importante, tempi di intervento rapidi! Contattateli subito e non resterete delusi.

Quanto costa bonificare un’area coperta da amianto a Latina?

Bonifica di Amianto a LatinaDovete bonificare un’area ricoperta da amianto e vi trovate nelle zone della provincia di Latina? Seguite questo link e mettetevi in contatto con un’azienda specializzata nella rimozione, bonifica e relativo smaltimento di amianto o Eternit nelle zone di Latina e provincia.

Che differenza c’è tra Amianto e Eternit?

Anche se molte persone usano indiscriminatamente i due termini, tra l’amianto e l’Eternit c’è una certa differenza. L’amianto è un minerale a struttura fibrosa del gruppo dei silicati con caratteristiche chimico-fisiche notevoli. L’amianto si trova in natura sotto forma di due tipi di minerali: i Serpentini e gli Anfiboli.

L’Eternit invece è il nome di una ditta che produceva un prodotto in particolare: un materiale in fibrocemento (costituito da cemento e una percentuale di amianto) molto usato in edilizia tra gli anni ’80 e ’90. Era il 1901 quando Ludwig Hatschek brevettò l’Eternit, acquistato l’anno seguente da Alois Steinmann che dal 1903 diede vita al fiorente commercio che per quasi 100 anni mantenne il monopolio nel settore edile.

Se pensi di avere ancora qualcosa in amianto o in Eternit nella tua proprietà a Latina, come lastre e pannelli, coperture di tubazioni, vasche per la raccolta dell’acqua e arnesi simili cerca di disfartene il prima possibile!

Vai su www.smaltimentoamianto.latina.it e richiedi subito un preventivo gratuito per lo smaltimento e la bonifica ambientale di aree contenenti amianto a Latina e in provincia di Latina. 

Rispetto dell’ambiente con i nostri Bagni Chimici a Roma

Noleggio Bagni Chimici a Roma

La nostra azienda, fornitrice ufficiale dei bagni chimici Sebach, è in prima linea verso la sostenibilità ambientale e la riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni.

Orientati sempre più verso una green-economy proponiamo ai nostri clienti delle soluzioni ecologiche ed ecosostenibili. Noleggiando un bagno chimico su Roma poterete avere la sicurezza che i nostri prodotti hanno la certificazione di qualità (ISO 9001), dell’ambiente (ISO 14001) e della sicurezza (OHSAS 18001).

I nostri prodotti hanno la capacità di produrre un abbassamento del dispendio energetico e un abbassamento del dispendio idrico.

Grazie ad un particolare processo autopulente, i nostri bagni chimici in noleggio su Roma e altre città d’Italia, permettono di risparmiare fino a 6000 litri d’acqua pulita ogni 350 utilizzi.

Abbiamo aderito allo slogan “Earth is not a toy” per sensibilizzare l’opinione pubblica verso comportamenti civili e rispettosi nei confronti della natura.

Richiedici maggiori informazioni sul servizio di noleggio bagni chimici della nostra ditta a Roma. Bagni chimici per disabili, bagni chimici per cantieri edili a Roma e bagni chimici per manifestazioni sportive/culturali.

Contattaci subito seguendo il link alla riga sopra!!

Smaltimento Frosinone: Amianto, un fallimento della tecnologia moderna!

Lo smaltimento dell’amianto è un obbligo morale che tutti noi dovremmo sentire vivo e costante. Riparare ai danni che l’uomo, lasciato senza freno, ha causato nel corso di parecchi anni è possibile. Se vivi a Frosinone contatta la ditta per eccellenza nello smaltimento dell’amianto in ogni suo forma. Segui questo link e richiedi un sopralluogo gratuito per valutare i rischi reali per te e la tua famiglia!

Amianto la Storia di Vita e di Morte..

Nel secolo passato l’amianto è stato tanto osannato, beniamino dell’industria e riverito come Salvatore di molte vite dagli incendi. Poi denigrato, accusato di complicità con la morte per aver causato malattie gravi a migliaia di persone.

L’amianto è stato protagonista di una rivoluzione nel campo edile per ben due volte: prima con la tendenza globale a farne ricorso poi con la fuga a rimuoverlo dalla propria casa. Ma cos’è l’amianto e da quando ha fatto la sua comparsa nel corso della storia?

L’amianto oltre ad essere un fallimento della tecnologia moderna è anche presente in natura come un minerale a struttura fibrosa molto resistente al calore.

Contrariamente a quanto pensano molti l’amianto, non è un prodotto dell’epoca moderna, bensì è usato dagli esseri umani da millenni. Gli antichi greci lo usavano per fare gli stoppini alle lampade e i romani tessevano le fibre di amianto nella trama di tovaglie, reti e cappelli.

Pulire tutto ciò che era costituito da fibre di amianto era facile: bastava gettarlo nel fuoco e tirarlo su lucido e bianco! Si dice che nel Medioevo alcuni mercanti avidi vendessero delle croci infiammabili fatte d’amianto spacciandole resistenti al fuoco per il fatto di derivare dall’albero della “vera croce”.

Fu nell’era industriale però che si cominciò a sfruttare in più di 3000 impieghi l’amianto. Come cartone asfaltato per tetti, come pannello insonorizzante per soffitti, come mattonella da pavimento, come isolante e come impasto di calcestruzzo (Eternit) ecc.

Il fulmineo aumento di popolarità andò di pari passo con la consapevolezza di esporsi a terribili pericoli. D’altronde già Plinio aveva notato che gli schiavi che lavoravano nelle cave di amianto soffrivano di problemi respiratori.

Tra le malattie attestate in epoca moderna: asbestosi, tumore al polmone, e mesotelioma. Le vittime pari o più di quelle cadute durante la seconda guerra mondiale.

Se devi rimuovere delle tracce di amianto nelle zone di Frosinone e provincia segui il link alle prime righe e parla subito con degli specialisti nello smaltimento di Amianto a Frosinone!

 

5 cose che potete avere da Autodemolizioni Roma!

Autodemolizioni Roma, un centro di demolizione di autoveicoli nel cuore di Roma (vai direttamente al sito aziendale) si propone come vostro partner ideale per qualsiasi esigenza. Contattate questo centro di smaltimento autorizzato per ottenere dei preventivi gratuiti oltre che per assistenza a 360° su ogni tipo di veicolo.

Chiamate Autodemolizioni Roma per:

  • demolire auto, moto, furgoni e mezzi pesanti
  •  valutare dei veicoli incidentati
  • recuperare dei veicoli sinistrati
  • svolgere le pratiche relative alla rottamazione (consegna della targa, cancellazione dal Pubblico Registro Automobilistico ecc.)
  • vendita ricambi usati

Demolire l’auto nel modo corretto oltre ad essere un gesto civile che contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente può evitare di farvi incorrere in severe sanzioni. Chi abbandona l’auto barbaramente in mezzo alla strada oltre ad inquinare la terra con la fuoriuscita di liquami tossici del mezzo, è a rischio di salate multe (possono arrivare fino a 1600 euro).

Se esiti perché non sai quanto verrà il servizio richiedi gratuitamente un preventivo a questi autodemolitori a Roma senza impegno, la ditta sarà lieta di fornirti tutte le informazioni possibili!!

Pulizie a Taranto: gli italiani sono insoddisfatti del livello di pulizia degli ambienti che frequentano!

Secondo Pulizie Taranto una nota impresa di pulizie tarantina (guarda il sito di questi professionisti) gli italiani non sarebbero soddisfatti del livello di pulizia degli ambienti che frequentano.  Gli abitanti di Taranto, come il resto degli italiani, si dicono insoddisfatti della pulizia degli ambienti di vita quotidiana e dell’impatto ambientale che i prodotti di pulizia hanno sull’ambiente.

Negli ultimi anni gli italiani sono molto attenti alla salvaguardia dell’ambiente e della salute.  Si è riscontrato che un ambiente pulito e costantemente igienizzato promuove il benessere degli occupanti e fornisce uno scudo alla proliferazione di virus e batteri.

Quali sono gli ambienti più sporchi?

Dopo una valutazione negli ambienti abitualmente frequentati sul livello di pulizia riscontrato rispetto quello desiderato, la situazione emergente a Taranto interesserebbe le strutture sanitarie e i mezzi pubblici. In questi ultimi anche se si richiede una maggiore attenzione sotto l’aspetto pulizia rispetto alle strade, agli uffici e ai centri commerciali, il degrado e la noncuranza sembra avere la meglio.

Mentre le strade vengono imbrattate dagli escrementi degli animali, i mezzi pubblici evidenziano danni e sporco accumulato dovuto a scarsi servizi di pulizia e a perdita di civiltà da chi li occupa. Il rischio maggiore si evidenzia nei sedili, sopratutto se sono di stoffa, i quali possono diventare covo di acari, cimici e zecche.

Nelle scuole, bollino rosso sia per le aule che, ancora peggio, per i bagni. Migliore la situazione per alberghi e strutture di ristorazione, in cui se non si è soddisfatti del livello di pulizia ci si alzare e andar via.

Secondo la nostra impresa di pulizie a Taranto la situazione è allarmante maggiormente nelle grandi città.

 

Con Impresa Di Pulizie Napoli rispetti l’ambiente al 100%

Stai cercando un’impresa di pulizie nei pressi di Napoli che rispetti al 100% l’ambiente? Allora segui il link appena passato e contatta questo tipo di figura professionale. Adottare misure di controllo e sostenibilità ambientale al giorno d’oggi non è un optional ma una necessità comune.

Studi recenti hanno dimostrato che prediligere prodotti di pulizia ecologici e naturali oltre a promuovere ambienti più salubri favorisce anche la produttività degli operatori.

Al contrario di quanto si pensi scegliere linee di prodotti per la pulizia ecologici, cioè privati delle componenti chimiche e dannose, mantiene alti gli standard di pulizia ed igiene ambientale; un grado di pulizia altrettanto soddisfacente quindi, ma senza nuocere in alcun modo all’ambiente, agli animali selvatici e domestici nei paraggi e agli individui coinvolti.

Contattando la nostra Impresa di Pulizie Napoli puoi ricevere un iniziale sopralluogo gratuito oltre a preventivi gratuiti e personalizzati secondo le esigenze. Potrai decidere tu in che modalità pagare e con quali tempistiche!

Potrai accordarti per pulizie giornaliere, bisettimanali, settimanali, quindicinali, mensili o semestrali. Oppure potrai contattarci una tantum per eseguire sgrossi o incisive pulizie di primavera. Il nostro staff è completamente preparato per soddisfare le esigenze di ogni utenza, pubblica o privata.

Inoltre ci avvaliamo di attrezzature all’avanguardia tecnologica con strumentazioni di ultima generazione. Insomma contatta la nostra impresa di pulizie per lavori su tutta Napoli e provincia, ne rimarrai soddisfatto e sorpreso!

Le pulizie ben eseguite e periodiche sono indispensabili per salvaguardare la salute di tutti gli occupanti di uno stabile, sia esso un condominio, una scuola, un ufficio, una strutta industriale o civile.

 

Roma: videoispezioni professionali H24

Vivete a Roma e cercate delle videoispezioni? La vostra rete fognaria è intasata o non funziona bene? La vostra colonna di scarico ha delle perdite ed emana cattivi odori? La vostra canna fumaria si ostruisce spesso, creando dei pericolosi fumi dentro casa?

Per risolvere questi e tanti altri inconvenienti potete richiedere il servizio di video ispezione alle migliori ditte di autospurgo nella vostra zona. Seguendo il link alla prima riga, per esempio, potrete mettervi in contatto con la Luigi Portale, una srl che esegue da anni videoispezioni professionali in tutta Roma.

Gli interventi da parte di questo team professionale possono essere pianificati per tempo o effettuati per mezzo di una chiamata di emergenza. Sul sito videoispezioni.roma.it potrete trovare i contatti di questa ditta, aperta 365 giorni l’anno 24h su 24.

I servizi di videoispezioni a Roma e provincia vengono effettuati con attrezzature tecnologicamente avanzate che permettono di capire qual’è la causa dell’intasamento senza ricorrere a metodo invasivi o creare rotture negli impianti. Una volta terminate le video ispezioni i nostri clienti possono avere a disposizione l’intera ripresa su supporto digitale mobile.

Non esitate, richiedete un preventivo gratuito e senza impegno e risolvete una volta per tutto i vostri problemi!

 

Roma: è urgente rimuovere ogni traccia di amianto!

Tra il 1992 e il 1994 fu vietata la commercializzazione dell’amianto a Roma e in Italia per via del suo alto potere cancerogeno.

Le fibre di amianto o asbesto, un’unione di più minerali dell’insieme degli inosilicati, sono molto sottili, circa 1300 volte meno spesse di un capello, tuttavia se respirate possono causare molte patologie, tra cui il carcinoma polmonare ed il tumore della pleura.

Esporsi in modo prolungato alle fibre di amianto aumenta esponenzialmente le probabilità di contaminazione.

Dato che negli anni ’90 l’amianto è stato largamente usato per coperture e coibentazioni di edifici civili, treni, navi etc., ma anche come materiale di produzione per oggetti di uso quotidiano, è facile che residui di questa fibra permangano ancora nelle nostre case. State cercando una ditta esperta e affermata nella rimozione amianto nella ciità di Roma e provincia?

Seguite il link alla prima riga e mettetevi in contatto con una ditta specializzata in smaltimento di rifiuti tossici e bonifica dei manufatti in amianto. Dopo aver ricevuto un primo sopralluogo in cui verrà indicato il preventivo, avrete l’opportunità di ricevere una consulenza specializzata di un tecnico che vi indicherà la via migliore in cui muovervi.

Non è sempre necessario rimuovere in blocco l’amianto, soprattutto se per farlo occorre disintegrarlo (sono le polveri ad essere più pericolose), si può anche effettuare una neutralizzazione degli effetti nocivi, chiamata incapsulamento.

Barack Obama continua sulla strada della politica verde

Ancora una volta l’ambiente, la sua salvaguardia e l’ecologia hanno permesso di far parlare due vecchi nemici. I rapporti diplomatici tra Usa e Russia non sono più tesi come in passato, ma quando le due superpotenze che hanno retto il mondo sul finire del secolo scorso trovano un accordo è sempre un fatto positivo che merita di essere sottolineato.

Nel corso degli incontri bilaterali di Washington tra le due commissioni presidenziali è stato prodotto un documento che certifica il desiderio dei due stati di collaborare nel nome della salvaguardia del pianeta, con particolare attenzione agli aspetti dello sviluppo delle tecnologie tuttora esistenti, ma che potrebbero essere rese più efficienti o essere adottate su larga scala, come per esempio l’idrogeno come fonte di energia e l’uso delle celle a combustibile per uso stazionario (che permettono di trasformare in modo diretto l’energia chimica del combustibile in elettrica).

A sottolineare l’importanza dell’accordo, che tutti speriamo non sia disatteso e considerato come una generica dichiarazione di intenti, erano presenti ai lavori il segretario si stato americano per l’energia Steven Chu (il premio nobel per la fisica del 1997) e il suo corrispettivo in terra russa, il ministro per l’ambiente Segei Shmatko.

Questo è solo uno degli ultimi passi del cammino verde che il presidente Barack Obama ha deciso di intraprendere, ma molti sono già stati compiuti, con accordi e finanziamenti per esempio, rispettando molte delle promesse fatte in campagna elettorale in merito di protezione dell’ambiente e salvaguardia del pianeta, uno dei temi su cui l’uomo più potente della Terra aveva insistito di più

Marea nera: gli ambientalisti accusano la BP di non mantenere le promesse

Ancora polemiche per la British Petroleum, la società responsabile della piattaforma esplosa nel Golfo del Messico che ha dato origine a uno dei più grandi disastri ecologici non solo della storia americana, ma di quella mondiale. La buona notizia èche l’ultimo ”tappo” immerso nel mare da parte della BP sembra reggere ormai da circa una settimana, ma non si placano le critiche all’azienda inglese e tutti coloro che hanno presto parte all’operazione.

Gli ambientalisti di alcune associazioni Usa denunciano che per far fronte all’emergenza le migliaia di navi impegnate nella pulizia del mare, nel salvataggio degli animali e quant’altro (stiamo parlando della più grande flotta messa in mare dagli Usa dallo sbarco in Normandia nel cuore della seconda guerra mondiale) avrebbero causato a loro volta danni ecologici.

Sarebbero infatti state messe in atto tecniche di pulizia del mare non testate, che dunque potrebbero aver causato danni in mare aperto, anche se la pulizia dell’acqua era una priorità assoluta e quindi qualche rischio era inevitabile correrlo.

La BP è sotto il tiro degli ambientalisti perchè ha anche richiamato un quarto della flotta che aveva messo a disposizione per le operazioni post-disastro, probabilmente in seguito alla riuscita dell’ultimo dei tanti, anzi, tantissimi tentativi di tappare la falla che permetteva la fuoriuscita di petrolio ormai da molte settimane, azione che ha fatto pensare agli ambientalisti (e non solo) che la British Petroleum stesse scappando dal Golfo per non mantenere la promessa di aiutare chi è stato danneggiato dalla marea nera e di ripulire l’acqua nel più breve tempo possibile.

Allarme cementificazione per le coste della Spagna

Le coste dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo sono tra le più belle del mondo, ma sono sempre minacciate da una miriade di nemici, dagli incendi che ogni anno distruggono ettari e ettari di flora e rovinano gli ecosistemi, dall’erosione, che porta all’avanzata del mare, oltre che ovviamente da qualcosa per cui l’unico responsabile non può che essere l’uomo: la cementificazione.

La costruzione selvaggia in riva al mare di abitazioni, centri commerciali, strade, porti e quant’altro è un male per le coste, in quanto vengono alterati gli equilibri, molto fragili, tra terra e mare, vengono rovinati paesaggi stupendi e soprattutto si mette a rischio la vita di coloro che useranno tali costruzioni, dal momento che spesso sono abusive, dunque costruite senza alcun controllo e usando materiali scadenti.

In questi giorni la nota associazione ambientalista Greenpeace ha pubblicato i risultati di una ricerca che, per una volta, non riguarda le brutture italiane, ma quelle spagnole. Dal 1987 a oggi oltre 50mila ettari di verde, soprattutto macchia mediterranea, sono stati sostituti dal grigio del cemento. Facendo due calcoli è come se ogni giorno, per poco più di 20 anni, circa 7 ettari di vegetazione fossero sostituiti da altrettanto cemento.

Il dato più preoccupante, secondo gli ambientalisti, che non sono solo attivi nella lotta alla caccia alle balene come qualcuno pensa, è quello che riguarda le zone: si sta costruendo in zone fino ad ora risparmiate dalla problematica, quali Murcia, Almeria e Huelva, mentre si continua imperterriti a rovinare zone dove il problema è più antico, come Andalusia, Valencia e Cantabria.

Uccelli colpiti dal petrolio: qualcuno propone l’eutanasia

Ogni disastro petrolifero lascia dietro di sé conseguenze immani dal punto di vista ecologico e degli ecostemi e i simboli di queste sciagure sono spesso le immagini di poveri e innocenti animali, coperti di petrolio e destinati a una morte lenta e atroce se non salvati dalle mani delle migliaia di volontari che cercano ogni volta di salvare loro la vita.

Una biologa tedesca si è però schierata contro questi tentativi di salvataggio, dichiarando, dati alla mano, che non procurano altro che inutili sofferenze agli animali, per cui al contrario sarebbe più dignitosa una sorta di eutanasia. I dati portati dalla studiosa a supporto della sua tesi, ricavati da studi compiuti in seguito ai più grandi disastri petroliferi degli ultimi 40 anni, non sembrano lasciare spazio a dubbi: <<Secondo studi attendibili, gli uccelli ripuliti finiscono col soffrire più a lungo e fanno una morte molto dolorosa. Solo l’uno per cento è ancora vivo a un anno dal salvataggio e tra questi ben pochi riescono riprodursi>> ha spiegato la donna, che poi ha aggiunto come la vita media degli uccelli salvati dopo il rilascio non superi i sei giorni.

Queste dichiarazioni hanno aperto il dibattito sul tema negli USA, dove è ancora di stringente attualità il disastro ecologico causato dalla fuoriuscita di greggio dalla piattaforma petrolifera della BP, che ha investito un grande numero di volatili.

Per quanto sembri disumano è meglio praticare l’eutanasia sugli animali o tentare di salvarli, sperando di riuscirvi? A questa domanda la risposta non può che essere personale.

Per la Cina nuovamente pericolo alghe

La Cina è di nuovo in guerra contro le alghe. Dopo il 2008, quando la massa di alghe verdi presenti nel mare, spinte dai venti, aveva addirittura rischiato di modificare le date o i luoghi delle competizioni veliche alle olimpiadi di Pechino, il problema si è ripresentato, anche se al momento attuale non sembra insormontabile.

Nel mare a est della Cina stato infatti avvistato un ammasso di alghe verde brillante di dimensioni nell’ordine dei 300 chilometri quadrati. Nel 2008 per ovviare al problema si era ricorso addirittura all’esercito, al reclutamento di volontari e al noleggio dei pescherecci della zona da parte delle autorità, ma oggi la situazione è diversa: non vi è un evento impellente da garantire per evitare una figuraccia mondiale e soprattutto anche i danni economici sono molto limitati, in quanto la pesca nella zona è temporaneamente sospesa a causa di uno periodo di ripopolamento.

I problemi si presenteranno nel momento in cui l’isolotto di alghe giungerà a riva sospinto dai venti. Dovrebbe approdare in una zona balneare, ma il governo sta già istruendo la popolazione su come comportarsi per la pulizia delle spiagge e mettendo in allerta i pescatori per le operazioni in mare, con l’obiettivo di limitare al minimo gli effetti sul turismo locale in vista dell’estate.

Non si sa ancora con certezza quale sia la causa del fenomeno, se sia naturale o se le attività umane ne siano responsabili, ma senza dubbio bisogna fare qualcosa e per ora il governo dello stato più popoloso al mondo si è mostrato all’altezza.

Australia. Pronto un piano per il 100% di energie rinnovabili nel 2020

L’Australia mira in alto, stando a quanto affermato in questi giorni da un gruppo ambientalista locale supportato da alcuni ricercatori di Melbourne. Il paese dei canguri sarebbe in grado di coprire nel 2020, cioè tra soli 10 anni, il 100% del suo fabbisogno energetico con fonti rinnovabili a impatto zero.

Il costo di questa impresa, che sarebbe senza dubbio di dimensioni colossali, sarebbe pari a un investimento del 3% del Pil australiano per un decennio: 26 miliardi di euro ogni 12 mesi per liberarsi definitivamente dal petrolio. In valuta locale corrisponde a 27 miliardi di dollari australiani, un po’ come se ogni cittadino si impegnasse a versare i soldi necessari per un caffè (3 dollari) ogni giorno per due lustri al governo in nome della sostenibilità ambientale.

Le fonti principali che andrebbero sfruttate secondo questo progetto sono l’eolico e il solare, considerando anche la conformazione geografica dell’isola e il suo clima. L’eolico dovrebbe arrivare a 130 milioni di MWh all’anno, mentre il solare a concentrazione (ricordiamo che una parte dell’Australia è deserto) porterebbe allo stoccaggio dell’energia in depositi di sali fusi per una capacità di oltre 42mila MW. In questo modo sarebbe coperto circa il 98% del fabbisogno energetico nazionale. Il restante 2% dell’energia sarebbe prodotto invece con gli impianti idroelettrici già presenti sul territorio e, in caso di emergenza, si sfrutteranno anche le biomasse, che saranno sempre pronte all’uso per 10mila MW.

Il tutto deve essere ovviamente accompagnato da una politica di forte risparmi energetico, che punti, tra le altre cose, a incentivare l’acquisto delle macchine elettriche, perchè sarebbe una beffa produrre energia in modo pulito e inquinare con i motori benzina e diesel.

Italia: allarme biodiversità per il WWF

Nel mondo due ecosistemi su tre si trovano in grande difficoltà a causa dell’attività umana: nella sola nostra penisola sono a rischio il 66% dei volatili, il 64% dei mammiferi e ben l’88% dei pesci d’acqua dolce. Questi sono i terribili dati che provengono dal WWF, che ha organizzato una ricerca sullo stato di salute dei nostri ecosistemi e in particolare sui nostri corsi d’acqua.

Il caos burocratico su chi si debba occupare della salute dei nostri fiumi sta facendo danni enormi, dal momento che nessuno controlla effettivamente il rispetto delle norme ambientali. Alcuni esempi? Sul Loreto, in Sicilia, continuano a essere costruite briglie di cemento che aumentano la velocità della corrente, diminuiscono la depurazione e diminuiscono l’afflusso alle falde sotterranee; sull’Agri, Basilicata, sono stati censiti 74 sbarramenti e 26 veri e propri depositi abusivi di rifiuti; sull’Adda sono state trovate 15 cave ovviamente non in regola.

Nel delta del Po il cambiamento del clima e l’opera dell’uomo hanno causato una migrazione verso Nord dei pesci siluro e di altri oriundi, che hanno portato alla quasi totale estinzione dei pesci autoctoni (su calcola che siano in vita solo il 5% del totale). Anche per motivi come questo nella lista nera delle specie in via di estinzione sono entrate quasi tutti i pesci d’acqua dolce che vivono nel nostro territorio: solo il cavedano può dirsi fuori pericolo.

Vi sono però anche segnali positivi, in controtendenza con l’andamento generale, come il blocco di un progetto che prevedeva l’aumento delle casse d’acqua artificiali sul Tagliamento o la rinaturalizzazione in atto in alcuni tratti del Po (la ricostituzioni dell’ambiente fluviale che naturalmente contiene le piene, come alberi e cespugli).

I gorilla di montagna sono in pericolo. Il Ruanda cerca aiuto

L’Onu ha scelto il Ruanda per le recenti celebrazioni della giornata mondiale dell’ambiente e, contemporaneamente, lo stato africano ha organizzato un evento pubblico per dare un nome ai 14 bebè di gorilla di montagna appena nati nello stato, che rappresentano una speranza per una specie messa a rischio dalla deforestazione selvaggia e dalle attività umane.

L’evento, tenutosi appunto in Africa, ha un significato molto profondo, dal momento che in un continente con mille problemi, spesso martoriato da guerre civili, immerso in una povertà quasi assoluta e sfruttato fino all’osso da aziende e società occidentali spesso la valorizzazione del patrimonio ambientale, della fauna e della flora passa in secondo piano per l’impellenza di problemi oggettivamente più urgenti.

Anche i gorilla di montagna sono in un certo modo vittime della complicata situazione del continente nero, dal momento che a oggi si contano solamente circa 700 esemplari della specie in libertà, che vivono per metà sulle montagne vulcaniche del Virunga, al confine tra tre stati: Ruanda, Uganda e Repubblica democratica del Congo (gli altri ”abitano” in territorio Ugandese).

I gorilla di montagna rappresentano una grande risorsa per un paese povero come il Ruanda, in quanto attirano numerosi turisti, che sono disposti a pagare anche 500 dollari per stare un’ora in compagnia di questi maestosi animali nel loro ambiente naturale, che purtroppo sta diminuendo rapidamente.

Ovviamente i gorilla di montagna non sono l’unica specie a rischio nella regione, ma sono un simbolo, e il Ruanda sta cercando di sfruttare la loro fama per chiedere aiuto al resto del modo in nome della salvaguardia della biodiversità.

Quanta CO2 produrranno i mondiali? Più o meno come un miliardo di cheesburger

I mondiali di calcio sono ormai alle porte, tutti ne parlano, tutti si interessano e vengono presentati ogni giorno nuovi studi sull’impatto dell’evento sull’economia sudafricana, su quella del continente nero o sui benefici per la popolazione. Ma quali sono i costi ambientali dell’evento? Quanto è costata in termini di CO2 la costruzione degli impianti, i voli delle nazionali e quant’altro?

A dare una risposta a questo dilemma ci hanno pensato il dipartimento dell’ambiente e del turismo del paese ospitante e l’ambasciata norvegese (nazione peraltro non qualificata alla fase finale dei mondiali) che nel 2009 hanno effettuato uno studio su questo aspetto della manifestazione, poi ripreso da autorevoli tabloid come il guardian. L’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera (carbon footprint) dovuta all’evento, tenendo conto della realizzazione degli impianti, del loro fabbisogno energetico, dei viaggi di team e tifosi si aggirerà intorno ai 2 milioni e 800mila tonnellate.

Per avere un metro di paragone questa cifra è la stessa quantità di CO2 che rilascerebbe nell’atmosfera la produzione di un miliardo di cheesburger, oppure se preferite 6000 viaggi dello space shuttle. Se ancora non siete paghi di paragoni e volete un metro di confronto con l’attività del nostro pianeta la quantità di diossido di carbonio emessa nell’atmosfera per la realizzazione del mondiale di calcio sarà pari a circa 3 anni di attività blanda dell’Etna.

Lo studio non ha tenuto conto però della carbon footprint di tutti coloro che guarderanno la partita nella loro nazione, seduti sul divano di casa o con amici, dei maxischermi e del traffico che inevitabilmente si creerà nelle strade delle nazioni che avanzeranno nel torneo.

Forse ci sarà qualche motivo in meno per festeggiare, ma si sa che con il calcio buona parte del genere umano perde la lucidità mentale.

La BP e la censura sulle fotografie derivanti dal disastro

Secondo quanto riportano il “Mother Jones” e il “Daily News”, la compagnia petrolifera britannica BP, che da già un bel po’ fa tenere i nostri occhi puntanti sulla televisione per via del disastro ambientale, avrebbe vietato agli addetti ai lavori che tentano di porre fine a questa marea nera di petrolio di condividere e vendere ai giornali le fotografie degli animali morti a causa della loro irresponsabilità.

Questa azione assomiglia un po’ ad una censura che in teoria, secondo il loro ragionare, dovrebbe non aggravare ancor di più la loro situazione di fronte all’opinione pubblica. Ma, fortunatamente, non ci troviamo un paese retrogrado, perciò un giornalista del “Daily News” che si era accorto del “divieto-censura” ha annunciato questa fatto accusando la BP di aver preso questa decisione perché non vuole aumentare il suo stato di disastro di fronte agli occhi del presidente americano Obama. Dopo aver detto ciò, ha mostra fotografie di uccelli, delfini e tartarughe morte, avvolte da una sostanza scura e vischiosa che cercano in qualche modo di pulirsi, ma che rimangono avvelenati. Per il “Mother Jones”, invece, parla Kate Sheppard che cerca, in qualche modo, di mantenere il conto degli animali che giorno dopo giorno muoiono per colpa del petrolio che si riversa nelle acque; fino ad ora si contano: 444 uccelli, 222 tartarughe di mare e 24 mammiferi. E sempre secondo Sheppard, come accadde per la catastrofe di Exxon Valdez, sicuramente molti animali morti si saranno affondati verso il fondale dell’oceano.

Per quanto ancora dovrà andare avanti questo disastro ambientale?

I profughi del clima hanno superato quelli delle guerre secondo Legambiente

I cambiamenti cimatici iniziano anche ad avere effetti sulla vita di intere popolazioni. Secondo il dossier ”Profughi ambientali” di Legambiente sono oggi 50 milioni (e si calcola saranno il quadruplo tra quarant’anni) le persone costrette a lasciare la casa natale per fenomeni quali lo scioglimento dei ghiacci, la siccità, gli eventi climatici estremi quali alluvioni e uragani e l’innalzamento del livello del mare.

Secondo gli studi dell’associazione ambientalista presentati recentemente a Firenze nel corso della manifestazione ”Terra futura 2010” le tipologie di cause più frequenti che spingono gli uomini a lasciare, sia temporaneamente che definitivamente, le loro abitazioni sono legate a eventi meteo estremi: fino qualche anno addietro era invece la guerra a causare la maggioranza delle ”migrazioni”. Nel 2008 infatti a fronte di 4,6 milioni di persone costrette a spostarsi a causa dei conflitti in corso, ben 20 milioni lo hanno fatto per fenomeni ambientali.

Per alcuni di questi profughi il mondo, sia attraverso gli stati che attraverso i privati, si mobilita in maratone di solidarietà, come nel caso dell’uragano Katrina o dello tsunami nel Sud-Est asiatico, ma per tutti coloro che vivono in territori soggetti a cambiamenti lenti e graduali, anche se non meno distruttivi, nessuno muove un dito, forse anche perchè non informato della situazione.

Nel nordafrica per l’avanzare del deserto vengono persi migliaia di metri quadrati di terra coltivabile all’anno, con notevoli danni per l’economia locale, in Lousiana il mare avanza minacciando le case e l’erosione ”mangia” le coste turche. Sono queste persone le più in pericolo: quasi nessuno conosce la loro situazione e quindi non è in grado di fornire loro aiuti concreti.

Feltrinelli, amica delle foreste

Il grande editore Feltrinelli ha deciso, dopo il duro attacco scagliato da Greenpeace e Terra!, di utilizzare per i propri libri solo la carta proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile e responsabile. Addirittura, per la prossima settimana, sono previste le ristampe di “Re Lear” di Shakespeare, “Alfred e Emily” di Doris Lessing e “Ancora dalla parte delle bambine” di Loredana Lipperini su carta certificata FSC (Forest Stewardship Council).

L’editore Feltrinelli ha anche divulgato il suo impegno nell’usare esclusivamente carta FSC per le altre case editrici del suo gruppo, ossia Apogeo, Kowalski e Urra, ed ha anche chiesto a Greenpeace di collaborare nella ricerca di carta riciclata, la quala possa sostituire la carta da fibre vergini per una serie di collane di libri.

Altri editori, dopo il Salone del libro dove si erano presentati gli attivisti travestiti da oranghi, hanno risposto al questionario di Greenpeace guadagnando una posizione migliore e, per intenderci, “più verde”. Tra gli editori in questione spiccano i nomi di Stampa Alternativa, Minimum Fax e Baldini Castoldi & Dalai.

Naturalmente, ci sono anche gli editori che non sono per niente rispettosi delle foreste e nonostante le molteplici richieste, queste case editrici non si sono mai degnate di rispondere a Greenpeace dimostrandosi così inclassificabili; tra questi spiccano Mursia, Gambero Rosso, Il Mulino e Neri Pozza. Anche gli editori Il Saggiatore, Donzelli, Rubbettino e Alet Edizioni non hanno mai dato informazioni utili per poter valutare la sostenibilità della carta utilizzata per i loro libri. Diciamo, invece, che i veri amici editori sono la Bompiani, la Lonely Planet, Caravan Edizioni, la Dindi, l’Edizioni Ambiente, il Fandango, il Foglio Clandestino, Gaffi, Hacca Edizioni, il Rovescio, la Coccinella, Lavieri Edizioni e Prospettiva.

Boom delle energie rinnovabili: entro il 2035 si prevede un aumento del 145%

Per le energie rinnovabili si prevede un boom da qui al 2035, stando ai calcoli contenuti nell’International Energy Outlook per il 2010, realizzato dal Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America e recentemente reso pubblico. La potenza installata sfiorerà una crescita del 145%, passando dagli attuali 44000Mw a circa 107000.

La crescita sarà trainata soprattutto dai paesi in via di sviluppo, dove si calcola che le rinnovabili cresceranno alla stratosferica velocità del 7% annuo, contrariamente a quanto accadrà nei 30 paesi OCSE più industrializzati del pianeta, dove la crescita sarà più modesta e si aggirerà intorno all’1.3% ogni 12 mesi. Accanto a questi dati bisogna però anche sottolineare come nei prossimi 25 anni il fabbisogno totale di energia della popolazione mondiale non rimarrà immutato, ma gli esperti sostengono che aumenterà circa del 50%, ovviamente in particolare nei paesi le cui economie cresceranno esponenzialmente nel prossimo quarto di secolo.

I due settori che guideranno la riscossa delle fonti ecosostenibili saranno l’idroelettrico e l’eolico, in quanto a livello economico sono le uniche in grado reggere il confronto dei combustibili fossili tradizionali su ampia scala, dal momento che solare, geotermico e gli altri metodi possono funzionare solo in ristretti ambiti.

Contemporaneamente aumenterà anche la quantità di energia elettrica prodotta con i metodi tradizionali, ovvero combustibili fossili e nucleare. Stiamo parlando di circa 11.900 miliardi di kWh, dunque di una crescita minore in termini percentuali di quella delle fonti rinnovabili, ma comunque nettamente superiore in valore assoluto.

Queste sono le previsioni, abbastanza positive. Ora bisogna vedere quello che sarà la realtà, con l’obiettivo di superarle.

Il comune di Milano e il MIT di Boston uniti dalla bicicletta elettrica

Dopo l’auto elettrica il comune di Milano sta organizzando, a detta dell’assessore all’ambiente Paolo Massari, una collaborazione con il MIT di Boston (il famosissimo Massachusetts Institute of Technology) in merito alle biciclette elettriche.

Il mezzo che sarà ulteriormente sviluppato dall’ateneo americano ha come base il modello che ha impressionato l’assessore: una bici che si può smontare e comodamente portare a spalla, con un’autonomia di 35 chilometri, quindi perfetta per qualsiasi spostamento cittadino, come sottolineato dal membro della giunta. Il costo di un ”pieno” dovrebbe essere intorno ai 3 cent.

Il prodotto che il comune intende utilizzare sarà di ultimissima generazione e segnerà un notevole passo in avanti nel mondo delle due ruote elettriche: il tempo di ricarica di questo nuovo modello passerà dalle 2 o 3 ore di quelli attuali a soli 90 minuti e le batterie permetteranno oltre il doppio delle possibilità di ricarica, passando dalle attuali 600 a circa 1500.

Le biciclette ibride saranno dotate di un computer di bordo che registrerà, oltre alla distanza percorsa e all’autonomia, anche la quantità di anidride carbonica ”risparmiata”; i modelli in fase di sviluppo si pensa che monteranno anche un sistema di autoricarica, grazie al recupero dell’energia cinetica della in fase di frenata e discesa.

Entro la fine dell’estate il capoluogo lombardo intende dotarsi di 400 mezzi di questo tipo, per contribuire alla realizzazione degli ambiziosi obiettivi ecologici che si sono proposti l’assessore e l’intera giunta, ovvero combattere in primo luogo l’inquinamento, una delle piaghe che affliggono tutte le grandi metropoli, e in secondo luogo snellire il traffico, incentivando all’uso della bicicletta anche chi è per pigrizia restio all’attività fisica.

Elettricità dalle mucche: ecco il progetto dell’HP

Il gigante dell’informatica HP, nella sua divisione americana di ricerca ha messo a punto un progetto che prevede l’impiego di 10000 ”normali” mucche da latte per fornire un megawatt di energia a un centro dati.

Il calore prodotto dai computer del centro sarebbe sfruttato per ottimizzare l’efficienza della digestione anaerobica (cioè in assenza di ossigeno, grazie a particolari microrganismi) degli escrementi prodotti dagli animali. In questo modo verrebbe notevolmente aumentata la produzione del metano, che già normalmente si sviluppa dal letame, e permetterebbe la creazione di energia elettrica a costi molto bassi e in modo rispettoso per l’ambiente.

Secondo i calcoli dei ricercatori una mandria delle dimensioni prese in esame (10000 capi) genera ogni anno 200mila tonnellate di letame, abbastanza per alimentare il centro dati e per immettere nella rete il 30% dell’elettricità prodotta. Il giro d’affari complessivo sarebbe di circa 2 milioni di euro l’anno e l’energia così prodotta sarebbe venduta all’HP stessa, con vantaggi per entrambe le parti, oltre che per il pianeta stesso.

L’uso degli escrementi per produrre energia è un sistema conosciuto fin dall’antichità, dove il letame essiccato era sfruttato come combustibile per il focolare domestico.

Il metano così ricavato è tutt’ora usato in alcune regioni cinesi per contrastare la dipendenza energetica del paese dal carbone: dal 1999 in Cina sono stati installati oltre 1300 impianti del genere. L’unico svantaggio è il costo molto elevato del singolo ‘impianto, che però può essere facilmente ammortizzato nel momento in cui è una comunità agricola, magari formata da diversi paesi, a dotarsi del sistema, per generare energia elettrica sia per uso locale che per la vendita.

La 13° edizione del CinemAmbiente

Siamo giunti alla tredicesima edizione del CinemAmbiente, festival cinematografico sull’ambiente, che si svolgerà dal 1° al 6 giugno 2010 a Torino.

In questi anni Cinemambiente si è progredito ed ha proposto moltissimi film, ospitando registi e personalità e aumentando il numero del pubblico di anno in anno. Grazie a questo, è stato possibile varare dei nuovi progetti, come Cinemambiente Tour, che si preoccupa di organizzare eventi su tutto il territorio italiano, Cinemambiente Tv, che si muove per le scuole portando molti film a tematica ambientale, ed Ecokids, che grazie l’aiuto di esperti porta nelle scuole proiezioni e approfondimenti.

Come le precedenti edizione, anche questa propone il meglio della produzione internazionale partendo dai  film che sono risultati vincitori degli Oscar oppure reduci da passerelle internazionali come il Sundance o la Berlinale. Tra i punti di focalizzazione del festival troviamo la biodiversità, la guerrilla gardenin e del verde metropolitano, e per concludere sarà tributato un omaggio la rassegna internazionale Sondrio Festival, che si occupa di documentari realizzati nei parchi naturali e aree protette in tutto il mondo. Invece, tra i percorsi troviamo l’energia, il consumo del suolo, l’inquinamento e la privatizzazione dell’acqua, la sovrappesca, il terremoto in Abruzzo, gli stili di vita ecc. Tra l’altro, saranno numerosi anche le manifestazioni collaterali come i tradizionali aperitivi letterari alle mostre, il raduno nazionale dei Guerilla Gardening (Giardinaggio Libero) il al primo Bike Pride italiano, arrivando poi fino alla collaborazione con Up(stairs) che presenterà film sui tetti della città, quella con il Marcarolo Film Festival per la creazione di una scuola di documentarismo ambientale e a quella con Aica, che consegnerà il premio annuale a soggetti che si sono distinti nella comunicazione ambientale.

La marea nera fa parlare USA e Cuba, intanto le tartarughe muoiono

Un disastro ambientale è riuscito laddove avevano fallito decenni di diplomazia. La marea nera causata dall’incidente alla piattaforma della British Petroleum nel Golfo del Messico sta minacciando le coste degli Stati Uniti così come quelle di Cuba. Fonti anonime del Dipartimento di Stato, portate alla ribalta dai media americani, affermano che ci sarebbero stati colloqui tra i due paesi per trovare una linea comune nel contenimento del petrolio che sta ancora fuoriuscendo dalla falla, resa pubblica il 26 aprile.

Al momento, a settimane dall’incidente, le ricadute sull’ecosistema marino del Golfo sono ancora non quantificabili. Per il momento possono parlare solo i dati: 156 tartarughe morte (dato aggiornato al 30 aprile) e divieto di pesca sul 19% delle acque di competenza federale statunitense, pari a 120mila metri quadri di superficie. I danni alla fauna ittica non sono ancora stati resi noti, ma sono facilmente immaginabili; le spese di pulizia sono ovviamente a carico della compagnia petrolifera e si stimano di molto superiori al miliardo di dollari (al giorno d’oggi ne sono già stati spesi circa 650 milioni).

Oltre alle tartarughe e ai pesci sono in pericolo anche specie caratterizzanti della zona, quali i granchi reali. Gli scienziati e gli animalisti stanno collaborando nel dotare alcune tartarughe di trasmettitori satellitari, che permettono di scoprire tempestivamente lo spiaggiamento degli animali e ai volontari di intervenire in modo mirato per cercare di salvare gli animali da morte certa.

La chiazza  si allarga seminando morte nell’oceano. Serviva un evento così eccezionale per far parlare di nuovo due vecchi nemici.

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