Vai al contenuto

Legambiente studia quello che mangiamo. E c’è qualche ombra

Un recente studio di Legambiente ha evidenziato come nonostante gli sforzi ad ogni livello, dalle istituzioni agli stessi consumatori, è aumentata la percentuale di campioni di frutta e verdura che hanno presentato tracce di pesticidi o altri composti chimici artificiali, che non dovrebbero essere presenti sui nostri alimenti e che noi non dovremmo ingerire.

Fortunatamente pochi campioni sono risultati tossici, l’1,4%, comunque in aumento rispetto allo 0,8% dell’anno scorso. Tutti gli altri dati rilevati erano nei limiti imposti dalle leggi, ma di sicuro in un paese che vuole fare della qualità il suo vanto questo non è un buon segnale.

In particolare è abbastanza allarmante un dato: i campioni che presentavano residui multipli, cioè quelli su cui sono state trovate tracce di più di un agente chimico, sono passati dal 3,5% dello scorso rilevamento all’attuale 6,5%, cioè sono quasi raddoppiati.

Tra i campioni con più contaminati è necessario citare un campione di uva bianca proveniente dalla Sicilia, che è risultato positivo ai test per ben nove sostanze, seguito a ruota in questa speciale e poco invidiabile classifica da un vino friulano (a testimoniare come questo non sia un problema solo del Sud) con sei residui e da una pera campana con cinque. Ben cinque campioni di pane sono stati trovati con livelli di prodotti chimici oltre i limiti di legge nel solo Piemonte (qui potrebbe esserci anche un problema di forniture), mentre invece sempre in Friuli sono stati addirittura trovati campioni di insalata con tracce di DDT.

In un paese che deve fare della qualità il suo cavallo di battaglia, questo non è di sicuro un buon segnale, anche a livello mondiale, dove siamo famosi per il buon cibo.

Email
Chiama